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Disturbi antropogenici e compresenza di fauna selvatica: interazioni spaziali tra ungulati selvatici, umani e lupi nelle Alpi Marittime

2 Febbraio 2024
Aree Protette Alpi Marittime

Nell’ambito dello studio dell’interazione tra prede, predatori e attività umane, sono state sviluppate diverse tesi di laurea magistrale e di dottorato, che hanno contribuito a migliorare le conoscenze su diversi aspetti di queste complesse relazioni.

Gli animali selvatici non usano lo spazio in maniera casuale: ogni specie ha le sue caratteristiche ecologiche che la rendono più o meno adatta a un determinato tipo di ambiente. Tra i fattori che determinano l’uso dello spazio ci sono: la disponibilità delle risorse alimentari, la presenza di zone di rifugio, le caratteristiche climatiche e geografiche (per esempio la pendenza e l’esposizione del versante), la densità della popolazione, l’occorrenza di fattori di disturbo e le relazioni con le altre specie.

La tesi di laurea magistrale di Francesca Rolle (Università di Torino) ha analizzato proprio il ruolo delle relazioni interspecifiche e delle attività umane nella  probabilità di compresenza di capriolo, cervo e lupo in due valli delle Alpi Marittime, la valle Pesio e la valle Ellero, entrambe in provincia di Cuneo.  Le valli includono due aree protette (Alpi Marittime e Marguareis) e due comprensori alpini di caccia (CACN5 e CACN6).

In particolare il lavoro di tesi ha voluto:

  • valutare il ruolo delle interazioni tra specie diverse nel determinare la loro distribuzione: nello specifico, la competizione tra cervo e capriolo e la predazione di entrambe le specie da parte del lupo.   
  • esplorare l’impatto delle attività umane sulla distribuzione delle specie e sulla probabilità di rilevare la loro presenza tramite fototrappolaggio. 
  • indagare l’effetto dell’attività venatoria sulle relazioni di competizione e predazione, concentrandosi sul capriolo.

La raccolta e l’analisi dati utilizzati in questa tesi consentono di stimare quella che tecnicamente viene definita “occupancy”, ovvero la probabilità che una specie sia presente in una determinata area, considerando anche tutte le caratteristiche ambientali, e altri fattori, in questo caso la presenza di lupo e cervo e di attività umane. Inoltre, i modelli permettono di stimare la “contattabilità” ovvero la probabilità di riuscire a fototrappolare una determinata specie in un sito.

Per lo studio, condotto in un periodo di 6 mesi (da novembre 2021 a aprile 2022), sono state impiegate 60 videotrappole, distribuite in un’area dell’estensione di 136 km2,  che hanno consentito di raccogliere oltre 45.500 passaggi di animali.

Il capriolo è la specie più frequentemente “immortalata” dalle fototrappole, e compare in circa il 42% delle immagini ottenute, seguita dal cinghiale e dalle persone. Il capriolo è stato inoltre ripreso da quasi tutte le fototrappole (in 52 siti su 60); la specie è quindi presente in tutta l’area di studio, nonostante i potenziali fattori di disturbo quali la presenza di attività umane e di cervo e lupo. Le caratteristiche ambientali dell’area di studio sono ottimali per il capriolo, ma questo risultato indica anche che le attività antropiche non impattano significativamente la diffusione di questa specie, anche se questo aspetto va approfondito attraverso studi quantitativi più dettagliati di stima della popolazione, che permettano di misurare numerosità e densità. 

Lo studio rivela infatti che è molto importante, quando si stima l’occupancy, includere proprio le relazioni interspecifiche nei modelli. Le analisi indicano che la probabilità che due specie occupino la stessa area varia in base a determinate caratteristiche ambientali: per esempio, la probabilità di compresenza di cervo e capriolo aumenta all’aumentare della distanza dalle zone abitate, anche se i cervi mostrano una tendenza maggiore rispetto al capriolo, a frequentare aree prossime all’abitato. I lupi, invece, cercano di evitare la presenza umana, e la loro presenza e contattabiltà è meno probabile all’aumentare del numero di persone presenti in un’area. Per quando riguarda invece la caccia, lo studio indica che, durante la stagione venatoria, diminuisce la contattabilità del capriolo, unica specie cacciabile nell’area, mentre non ci sono effetti sul cervo o sul lupo. Questo risultato potrebbe indicare una riduzione degli spostamenti da parte dei caprioli durante la stagione venatoria, osservata anche in altri studi simili condotti in altri contesti, perchè in ambienti naturali frammentati, spostarsi da un tipo di ambiente a un altro potrebbe aumentare il rischio di essere cacciati. 

In conclusione, questo studio dimostra la necessità di considerare una molteplicità di fattori, che interagiscono e si sovrappongono, quando si vuole comprendere come e perchè una determinata specie utilizza il territorio: dalle caratteristiche ambientali, alla presenza di altre specie con cui può interagire (competizione e predazione) e non ultima la presenza umana. Le attività umane (incluso l’escursionismo, o la semplice presenza di persone) hanno un ruolo fondamentale, in grado di condizionare la distribuzione, la frequentazione di un determinato habitat e anche le relazioni tra specie.

La Dott.ssa Francesca Rolle ci racconta la sua ricerca, guarda il video!